Romanzo dei Destini Incrociati: L'incontro con Emanuela Amici e Nikita Placco.
Ha avuto luogo il 12 aprile, dinanzi ad un pubblico numeroso nella storica cornice della libreria Pallotta a Ponte Milvio, l’incontro letterario Il Romanzo dei Destini Incrociati, protagonisti gli scrittori Emanuela Amici con il romanzo “Quello che resta” e Nikita Placco con il suo “Il giorno di cui non si parla”. Con gli autori hanno dialogato il giornalista Giommaria Monti e la sociologa e consulente familiare Chiara Narracci.
Entrambi gli scrittori hanno dedicato, nella propria opera d’esordio, un’indagine profonda a quelle dinamiche tipicamente familiari dei “non detti”, del sottaciuto e dei condizionamenti che ne derivano. Lo hanno fatto – seppur attraverso modi, stili e linguaggi differenti – con una resa incisiva e una narrazione capace di indagare le cause e le motivazioni del reale.

Romanzo dei destini incrociati: Intervista a Emanuela Amici (Quello che resta) e Nikita Placco (Il giorno di cui non si parla)
Nei vostri romanzi le bugie, i condizionamenti dei “non detti” e l’esigenza di mantenere “una facciata” per non divenire oggetto di giudizio, sono gli elementi su cui fanno perno le storie da voi narrate. Perché avete scelto proprio l’ambito familiare per indagare temi così scomodi e complessi?
Nikita Placco: Perché quello famigliare resta un tabù e, soprattutto, è il contesto dove maggiori sono i condizionamenti astrattamente a fin di bene. Ove si ritiene spesso che celare un segreto, “non dire” certe cose possa proteggere, mentre quel “non detto”, quel rimosso finiscono per condizionare le traiettorie esistenziali molto più della narrazione che viene fatta.
Emanuela Amici: Il nucleo familiare nel quale siamo nati e cresciuti lascia un’impronta indelebile su ciascuno di noi. Siamo il frutto di ciò che non possiamo ricordare con precisione, di quei primi anni ormai sfocati in cui erano gli altri a prendersi cura di noi. In ogni famiglia, pur nella più armoniosa, si nascondono condizionamenti, più o meno velati. La nostra identità, la nostra integrità, è strettamente connessa a quel mondo lontano e alle dinamiche in esso presenti. La storia di Irene e Sara è la storia di due donne in fondo mai cresciute, in cerca di un’identità, rimaste ancorate a un passato indecifrabile, frutto di verità scomode, dunque taciute.
La famiglia e i suoi condizionamenti, cosi come il desiderio di trovare una propria identità al di fuori di essa, sono temi indagati da entrambi. E’ una ricerca che nasce da vissuti personali o da esigenze dettate dai tempi in cui viviamo?
Nikita Placco: Nel mio caso da esperienze, non solo dirette, e approfondimenti intorno al tema fondante del romanzo, che credo rifletta bene – da questo punto di vista – lo spaccato dei tempi che viviamo. Almeno ciò mi restituiscono le tante lettrici e i tanti lettori che mi hanno scritto: c’è anche nelle loro vite un giorno di cui non si parla.
Emanuela Amici: Sono temi che sento vicini, anche se ciò che accade nel libro non ha nulla di strettamente autobiografico. La ricerca di un’identità appartiene all’uomo in quanto tale, nasce con la vita stessa e credo sia uno dei temi filosofici più affascinanti da trattare per chi ama scrivere. Pirandello è stato uno dei primi autori ad aver indagato l’esigenza di scoprirsi, di gettare la maschera, uscendo fuori dai condizionamenti imposti. Il mondo di oggi, così omologante, porta con sé un forte senso di straniamento e una continua ricerca di significato da imprimere a ciò che siamo.
In cosa si somigliano maggiormente i vostri romanzi?
Nikita Placco: Direi, oltre che negli argomenti trattati, nell’ossatura di fondo: hanno entrambi per protagonista uno/a scrittore/scrittrice, c’è un metaromanzo fondamentale per lo sviluppo della storia e un’evoluzione decisiva dopo il disvelamento del sottaciuto. Sono poi tutti e due molto vividi nelle immagini.
Emanuela Amici: Leggendo il libro di Nikita sono rimasta colpita dalle somiglianze con il mio libro. Irene e Rodolfo, due autori alle prese con la scrittura di un romanzo, entrambi vittime di una verità taciuta, in ambito familiare, che verrà fuori potente come un’onda, stravolgendo le loro poche certezze. C’è un prima e un dopo, in entrambi i libri. Rodolfo e Irene non saranno più gli stessi dopo aver scoperto quella verità ed è come se nascessero una seconda volta. Il metaromanzo poi, così pregnante ai fini della narrazione, ricorre nei due romanzi e li rende in qualche modo speculari.
E in cosa si distinguono in maniera netta?
Nikita Placco: Nella cifra stilistica e nella marcata prospettiva di genere: maschile nel mio e femminile in quello di Emanuela.
Emanuela Amici: Lo stile è molto diverso. Nikita ha una prosa decisamente più descrittiva, mentre la mia è più asciutta. Dal punto di vista dei contenuti, Irene, da donna, affronta la verità familiare in modo del tutto diverso da Rodolfo. Non resta in superficie, ma va a fondo, rischiando di non risalire. Cerca il confronto, lo scontro, manda tutto all’aria, per poi provare a ricominciare. Rodolfo è più cauto e razionale e vive in modo più interiore e meno distruttivo ciò che la sua verità porta con sé.
Quali sono gli argomenti che vorreste affrontare nei vostri prossimi romanzi?
Nikita Placco: Nel nuovo romanzo che sto scrivendo indago il tema dell’evoluzione dello sguardo sull’esistenza e dei sentimenti mano a mano che ci si misura con la vita, i suoi percorsi tortuosi, le sue delusioni. Mentre in quello cui lavoriamo con Emanuela, raccontiamo il mistero del rapporto tra disamore ed empatia, dolore e cura, autarchia e immedesimazione, nonché dell’impenetrabile alchimia dei legami umani.
Emanuela Amici: Ho terminato a settembre un romanzo dal titolo “Se ci credi”, incentrato sul rapporto tra sogno e realtà, nel quale i due piani si sfiorano, fino a confondersi uno nell’altro. Da gennaio ho iniziato a lavorare a un libro che racconta la mia esperienza di insegnante in una scuola con una percentuale altissima di alunni stranieri, soffermandomi in particolare sulla storia d’integrazione di un ragazzo rom. Dall’amicizia con Nikita è poi nato un progetto a cui tengo molto, ossia la scrittura di un romanzo a quattro mani, a cui stiamo dando vita da un paio di mesi con grande entusiasmo. Il libro è legato ai precedenti, in una sorta di ideale prosecuzione, anche se i protagonisti, questa volta, non sono gli scrittori Irene e Rodolfo.


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